Gli abbiamo chiesto un’anteprima sul tema che tratterà.
E’ ormai assodato che il mondo, soprattutto con l’avvento delle nuove tecnologie, cambia molto in fretta, creando costantemente nuove sfide e nuove modalità di interpretazione del business o di evoluzione dello stesso.
Questa velocità mette le organizzazioni davanti alla necessità di doversi costantemente mettere in gioco, rivedere continuamente i propri processi, capire come adeguarsi e, in estrema sintesi, fare di tutto per non morire perchè si rimane indietro.
La storia è piena di esempi di aziende che non riescono a rimanere al passo con i tempi e che, mancando di consapevolezza di sè, strategia e innovazione, vengono pesantemente schiacciate da protagonisti emergenti: si pensi ad esempio a Blockbuster e all’avvento di Netflix, a Nokia, BlackBerry e Motorola con l’avvento degli smartphone Apple e Samsung, a MySpace con Facebook e Twitter.
Ora, le aziende hanno bisogno essenzialmente di tre elementi per sopravvivere:
1) una chiara visione di ciò che sono e del mercato in cui sono inserite;
2) una chiara visione di come si sviluppa il mercato e di ciò che devono evolvere per essere ancora protagoniste;
3) la capacità di saper gestire la trasformazione e il cambiamento
Come è ben evidente la consapevolezza non basta senza la praticità, e la praticità non è sufficiente se non si ha piena consapevolezza. Su questo binario, l’asse della praticità lo possiamo chiamare Project Management, cioè quella disciplina che riesce ad acquisire l’esigenza dell’organizzazione e si focalizza sul raggiungimento degli obiettivi con pratiche, metodologie e strumenti personalizzati per il contesto di riferimento.
Significa cioè rispondere alle sfide con velocità e agilità, e dato che all’interno delle organizzazioni chi si sporca davvero le mani sono le persone che ci lavorano, è indispensabile investire su di esse, formandole a dovere per potergli permettere di governare la complessità di un progetto e raggiungere gli obiettivi prefissati nei tempi stabiliti.
Siamo nell’ambito di quella che viene definita la Project Economy, una nuova visione dell’impatto cha ha la gestione di progetto all’interno di una organizzazione, slegato da argomenti come le metodologie e gli strumenti, ma fortemente legato alle persone e al valore economico e sociale che viene generato.
A fornire le linee guida per comprendere questo nuovo paradigma è il Project Management Institute, una associazione che da 50 anni promuove la cultura del Project Management evolvendola con i cambiamenti quotidiani.
Come spesso accade, l’incipit di questa associazione è stato un pranzo in un ristorante della Pennsylvania, a cui sono seguiti diversi confronti che dopo alcuni mesi si sono tradotti in un incontro alla Georgia Institute of Technology in cui, il 6 ottobre 1969, è nato formalmente il Project Management Institute. I fondatori sono 5 professionisti che lavoravano per aziende in campi estremamente diversi tra loro, tuttavia condividevano delle problematiche relative alla gestione dei progetti, e sentivano la necessità di avere una base di applicazione comune su cui muoversi. Parlano quindi di una confluenza, sotto un unico manifesto, di più culture aziendali, in questi termini:
“favorire il riconoscimento della necessità di professionalità nella gestione dei progetti; fornire un forum per il libero scambio di problemi di gestione dei progetti, soluzioni e applicazioni; coordinare gli sforzi di ricerca industriale e accademica; sviluppare terminologia e tecniche comuni per migliorare le comunicazioni; fornire interfaccia tra utenti e fornitori di sistemi hardware e software; e fornire linee guida per l’istruzione e lo sviluppo della carriera nel campo del project management”.
Da allora il Project Management Institute ha cominciato a formulare percorsi di certificazione come la credenziale PMP (Project Management Professional) nel 1984, e la PMI-ACP (Agile Certified Practitioner) nel 2012, per un totale di 8 certificazioni.
Ad oggi ci sono più di 1 milione e mezzo di certificati a livello mondiale, in continua crescita, questo vuol dire che se un milione e mezzo di persone, prese da ogni parte del mondo (circa 200 paesi), fossero messe tutte in un unico posto e cominciassero a parlare con una determinata terminologia o di determinati argomenti (e chiaramente una stessa lingua che presupponiamo sia l’inglese), tutti si riuscirebbero a capire e capirsi.
La cosa veramente interessante è il percorso che ha portato una associazione volontaristica a questa espansione.
Se infatti il PMI è nato in America, in 50 anni ha avuto una espansione a livello mondiale con un circolo virtuoso unico nel suo genere:
1) la tematica è stata immediatamente recepita ovunque sia approdata, quindi vuol dire che è stato toccato un problema comune;
2) ognuna della culture che ha acquisito questa tematica ha aggiornato l’approccio al project management, aggiungendovi elementi nuovi che che sono stati man mano recepiti, standardizzati, e nuovamente condivisi.
Ad esempio lo standard della credenziale PMP, la più diffusa con quasi 1 milione di certificati, è giunto alla versione 6 pubblicata nel 2017 e si sta lavorando alla versione 7 che verrà pubblicata nel 2020. Il metodo di lavoro è molto semplice: vengono lanciate delle Call for volunteers tra tutti gli iscritti al PMI del mondo, e si collabora insieme per l’aggiornamento, chiaramente con criteri scientifici. In questo contesto la multiculturalità gioca un ruolo fondamentale, in quanto si devono ritrovare all’interno delle singole culture gli elementi trasversali che possono fornire una base comune di dialogo e collaborazione, non imponendo ad un paese qualcosa che “viene da fuori”, ma chiedendo ai singoli un apporto che possa permettere ad uno standard di poter essere utilizzato nel proprio contesto.
Proprio in questo panorama di estrema multiculturalità e condivisione, 15 anni fa nel 2004 è stato fondato il Southern Italy Chapter (PMI-SIC), cioè la localizzazione territoriale ufficiale del PMI che ne condivide obiettivi e metodi.
Ultimo dei tre chapter italiani a vedere la luce, e più piccolo per numero di soci, ha sempre avuto la mission di supportare i Project Manager presenti sul territorio sia offrendo percorsi formativi di crescita professionale, che sensibilizzare tutti gli ambienti in cui è riuscita ad approdare alle tematiche di Project Management.
Nel corso degli anni si sono strette importanti e durature collaborazioni con le Università di tutte le regioni, con aziende multinazionali e locali (STI Microelectronics, Engineering Ingegneria Informatica, Leonardo, Exprivia, IBM, solo per citarne alcune), un percorso per il triennio delle superiori che culmina nel Project Management Olympic Games, e la partecipazione a tavoli di approfondimento come la Community Aerospace & Defense, l’iniziativa EuropPM per estendere le best practice di Project Management nell’ambito dei progetti europei, e l’iniziativa When Disaster Strikes con lo scopo di definire un modello di Project Management che possa risultare utile nella prevenzione e nella gestione delle emergenze derivanti da disastro.
Tuttavia il tessuto del sud Italia è davvero molto particolare, in quanto il territorio ha una distribuzione molto disomogenea di grandi aziende ed università (gli interlocutori principali con cui confrontarsi), e quindi è difficile avere una presenza capillare che possa raggiungere più interlocutori. Il numero di soci e di persone certificate aumenta costantemente, chiaramente con i ritmi rilassati che caratterizzano il nostro amato sud, ma se da un lato questa può essere una limitazione, noi la interpretiamo come uno stimolo ad impegnarci di più, e quindi per il PMI avere 15 anni, essere adolescente, significa affrontare il mondo come se fosse una costante battaglia, trasformarsi per trovare la giusta strada e la propria immagine, avviare un nuovo capitolo della storia pieno di incertezze future ma carico di entusiasmo.
La Project Economy, quel paradigma nuovo che impone un cambiamento di mentalità delle organizzazioni, si applica innanzitutto a se stessi, e poi si può trasmettere agli altri.
Questo il punto di partenza dei prossimi 15 anni del PMI Southern Italy Chapter, cambiare internamente e accogliere la sfida di trasmettere alle organizzazioni del territorio la bellezza del cambiamento, spingendole ad investire sulle persone, non sugli strumenti, per ottenere un beneficio reale e duraturo.”